Tra cervi e camosci
Sui Monti della Meta con gli amici del CAI
L'avventura al Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise ci ha regalato tanti meravigliosi momenti e le foto ricordo sono davvero tante.
Al trekking hanno partecipato gli amici del CAI di Teramo e il presidente del CAI di Coppo dell'Orso. Sono stati due giorni splendidi anche per la bella compagnia (un abbraccio a tutti!!).
Ma veniamo al racconto. Il primo giorno è in programma la salita al Monte Amaro di Opi, dove speriamo di poter osservare da vicino il camoscio più bello del mondo. Si parte dalla vecchia segheria in Val Fondillo (1084 m).
Vicino al torrente Fondillo, grandi patriarchi, a godersi il canto delle acque che scorrono...
... faggi e salici bianchi.
Tappa alla Sorgente Tornareccia per fare scorta d'acqua, come facevano anche i pastori in cammino sul tratturo Pescasseroli-Candela.
Qualcuno ha assaggiato!
Il sentiero è bello ripido e si sale velocemente di quota.
Finalmente si esce dal bosco...
... in cresta.
La genziana ciliata fiorisce tra agosto e settembre.
In vista della croce.
Come sperato, avvistiamo un branco di camosci (ne contiamo nove con il binocolo).
Se ne stanno tranquilli a riposare e a godersi il panorama.
I primi raggiungono la croce, mentre noi in coda ci fermiamo a fare un po' di chamois-watching.
La vetta del Monte Amaro (1862 m) è un balcone privilegiato sulla Camosciara...
... sull'alta Valle del Sangro, dove spiccano gli abitati di Villetta Barrea e Barrea
e parte del Lago di Barrea...
... e sul Monte Marsicano, che con i suoi 2252 m è la vetta più alta del Parco.
Si mangia...
... in bocca i panini, negli occhi i camosci.
Foto ricordo del branco...
e si riparte!
Luciano ci racconta di quella volta in cui incrociò l'orso proprio su questa cresta.
La carlina bianca.
Riscendiamo in Val Fondillo... le ombre cominciano ad allungarsi e intorno risuonano forti i bramiti dei cervi. A volte sembrano quasi dei ruggiti!!
Avvistiamo un airone cenerino di vedetta su un faggio vicino il torrente. Si alza poi in volo mostrandoci la sua grande apertura alare e facendo ampi giri in planata verso l'acqua. Per le foto degli animali bisogna che vi accontentiate (visti i mezzi), anzi ringrazio Serena per questo ed altri scatti.
Risaliamo in auto per spostarci al Rifugio del Falco, dove è previsto il pernottamento. Transitando per Barrea facciamo una tappa per goderci il momento del tramonto.
Il Rifugio del Falco si rivela molto accogliente e magnificamente immerso nella natura... i bramiti dei cervi ci fanno compagnia tutta la notte.
Dopo cena usciamo a lustrarci gli occhi con le meraviglie della Via Lattea.
Simone, il ragazzo che gestisce il rifugio, ha una bella collezione di palchi di cervo. Ma come fa il cervo a reggere tanto peso?
La notte scorre via veloce e ci svegliamo tutti freschi e riposati. La colazione a lume di candela (!) poi ci dà la carica per ripartire alla volta del Monte Meta.
Prima però salutiamo la volpe del rifugio, che ribattezziamo Pina.
Come sei bella!!!
Partenza dal Pianoro Campitelli (1440 m). Oltre la faggeta la lunga cresta della Metuccia e
del Monte A Mare, che chiudono a nord il gruppo delle Mainarde.
Dopo un primo tratto nella faggeta...
... il sentiero esce sui dossi erbosi del Biscurri e diventa spettacolare.
Subito alla nostra destra, sulle pendici del Monte Miele, un cervo urla forte al mondo il suo diritto di possesso su territorio e harem. Maestoso si staglia contro il cielo e mostra orgoglioso il suo splendido palco. Poi raggiunge il gruppo delle femmine che si sposta lungo la cresta.
Accidenti che emozione!! Cominciano a spuntarmi le ali ai piedi... anche per la vista dei possenti bastioni rocciosi del Monte Meta.
Il gruppo, al quale si aggiungono anche i membri dei Lupi del Gran Sasso, raggiunge i ruderi del fortino (1804 m). Si tratta di una vecchia casermetta utilizzata nella seconda metà dell’Ottocento sia per vigilare sulle bande di briganti, che in quel periodo si rifugiavano sui monti per fuggire all'assedio della Guardia Nazionale, e sia per assicurare il passaggio a chi si dirigeva verso il Passo dei Monaci, antico collegamento tra Lazio e Abruzzo, sfruttato in passato da mercanti, pastori e monaci benedettini.
Agli spigoli belle pietre squadrate.
Proseguiamo in saliscendi tra i dossi...
... incappando ogni tanto in una pozza d'acqua.
Intorno branchi di cervi.
Un cervo maschio viene a fare capolino dal filo di cresta.
L'avvistamento di animali selvatici qui al Parco d'Abruzzo (LM) è davvero facile. Nella piana i cervi, sulle pietraie i camosci. Siamo ammutuliti da tanto spettaccolo. Sarebbe bello che fosse così anche negli altri parchi abruzzesi.
In punta di piedi guadagniamo il filo di cresta che ci condurrà in vetta al Monte Tartaro.
La vista ora si spinge anche su Valle Lunga e la dorsale Altare-Petroso. Giù al centro del valloncello erboso un gruppo di fotografi in azione.
Ancora pochi passi...
... e siamo in vetta a Monte Tartaro (2191 m). Siamo sul confine tra Abruzzo e Lazio. Nelle belle giornate la vista si spinge anche fino al Vesuvio.
Verso il Valico Altare-Tartaro due escursionisti proseguono...
... ignari di un branco di camosci poco lontano.
Facciamo una breve pausa-merenda...
... e poi percorriamo la cresta aerea che unisce il Tartaro al Meta... me-ra-vi-glio-sa!!!!
Le nuvole corrono rapide spinte dal vento... come carezze le sento sulla pelle del viso.
Nel laghetto in basso a destra un cervo si disseta sotto lo sguardo indifferente di alcune mucche. Nella foto non si vede, ma che bel palco!
Sono questi gli attimi in cui il cuore è leggero e la felicità ti solleva da terra.
Naturalmente non siamo soli. Ad ogni passo avvistiamo camosci, su entrambi i versanti.
Questa chi l'avrà lasciata?
Poco prima della vetta, il crinale si allarga e si fa dolce ed erboso.
Un piccolo paradiso per camosci e camoscetti.
Sulla vetta del Monte Meta (2242 m) c'è folla... ma ripartono tutti e restiamo solo noi.
Dall'alto rivediamo il percorso fatto e i ruderi del fortino. Al centro il crinale del Monte Miele, che divide la Valle Pagana dalla zona dei Tartari.
Troviamo una comoda sala da pranzo sotto vento e alleggeriamo gli zaini di tutte le leccornie portate.
Il gruppo al completo. Bravi tutti!!!
Si riscende...
... verso le Mainarde...
... e il Passo dei Monaci (1986 m).
Già si intravede il traverso che ci riporterà verso il Biscurri...
... transitando sotto le ripide pareti della vetta del Meta, che ormai non ha più segreti per noi.
Una macchia di rosso tra le rocce attira la mia macchina fotografica.
La stanchezza comincia a farsi sentire e per fortuna non resta che la discesa.
Incappiamo in una fatta di orso... che avrà mangiato?
Poco dopo vicino al fortino...
... la risposta: le bacche scure del ramno alpino, delle quali l'orso è molto goloso. Provo ad assaggiarne qualcuna, e resto colpita dal loro sapore dolciastro, simile all'uva. Le associazioni che hanno preso a cuore la sorte dell'orso marsicano, hanno fatto campagne di piantumazione proprio del ramno alpino.
La valle però non è frequentata solo da cervi e orsi... ci sono anche loro, i miei amati lupi.
Sul limitare del bosco, incappo poi in un faggio stranamente modellato dal vento...
sembra un faggio loricato!!
Il bottino degli avvistamenti è stato ricco... non resta che festeggiare!
Facciamo tappa ad Alfedena per mangiare qualcosa insieme. Ne approfitto per salire fino ai ruderi del castello. Dall'alto si scorgono tutti i tetti del paese e la bella facciata della chiesa dei Santi Pietro e Paolo (XIII sec.).
La torre ottagonale del castello medievale.
L'antica Aufidena fu prima centro sannitico e poi municipio romano. La presenza di un ponte che attraversava il Sangro ne favorì lo sviluppo nell'ambito dell'economia legata alla transumanza.
Si riparte, con la certezza che torneremo presto.