San Giorgio di Roccamorice

Lo sai che...

Roccamorice, roccia e misticismo... la pietra bianca della Majella, ancora una volta anello di congiunzione tra terra e cielo.
 

Il territorio di Roccamorice è ricco di tesori: gli eremi celestiniani di Santo Spirito e di San Bartolomeo, le capanne in pietra, le vecchie miniere abbandonate. La grangia di San Giorgio è un altro di questi tesori, forse il meno conosciuto, che merita però di essere rivalorizzato e inserito nel circuito degli eremi celestiniani. Il Sentiero dello Spirito, lodevole progetto realizzato dal Parco Nazionale della Majella, transita poco più a monte e si dirige verso l'eremo di S. Angelo di Lettomanoppello, ignorando del tutto la grangia. E' un vero peccato, visti anche i recenti lavori di ristrutturazione (2003), quasi vanificati dall'attuale stato di abbandono della struttura.

Per raggiungere il complesso da Roccamorice, occorre seguire la segnaletica, che conduce prima al Piano delle Castagne, per poi proseguire verso la Grangia in prossimità della Contrada di Costa del Colle. Il sentiero è largo e comodo e il dislivello è di soli 60 metri.

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Il sito si trova tra il Fosso Cusano e il Fosso S. Angelo, che confluiscono a valle di Lettomanoppello nel torrente Lavino. La grangia è circondata da boschi e campi di ulivo. Tra la vegetazione spiccano i tralicci di sostegno della vecchia teleferica che trasportava a valle le pietre ricche di bitume delle miniere che sorgevano in quest'area.

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Le miniere sono ormai in disuso dagli anni '50. Regnano di nuovo il silenzio e la pace operosa dei campi, che spinsero i monaci a fondare questo piccolo cenobio. Il terreno ben esposto, la quota non troppo elevata (480 m) e la presenza d'acqua fornirono poi il pane di sostentamento alla piccola comunità.

È incerta la sua data di costruzione, ma certamente fu una struttura di pertinenza dell’Eremo di Santo Spirito a Majella, tanto che risulta tra le proprietà degli stessi monaci celestiniani nel XIII secolo. Ospitò una piccola comunità, ma svolse soprattutto la funzione di grangia, ossia di azienda produttiva agricola, al servizio dell'ordine celestiniano.
Per una dozzina di anni fu dimora del Beato Roberto da Salle, uno dei discepoli prediletti di Pietro da Morrone, il più tenace nell’osservare il suo programma spirituale, che fu in seguito eletto priore di Santo Spirito a Majella.

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Il complesso, in pietra bianca della Majella, è costituito da vari locali: una piccola chiesa, stanze abitabili, magazzini e stalle. Il piccolo cenobio acquisì notevole importanza in seguito a numerose donazioni. Nel XVI secolo aveva ancora il suo priore, ma non si conosce con esattezza la data del suo abbandono. La chiesa ha resistito fino ad oggi e ha conservato la struttura originaria del luogo di culto.


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La porta è aperta e si può visitare l'interno.

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La chiesa ha un'unica aula di pianta rettangolare, con la zona presbiteriale rialzata di un gradino. Il tetto ricostruito è in legno. Il bell'altare in pietra non custodisce più la statua di San Giorgio che uccide il drago, purtroppo rubata, che sopravvive ancora nel ricordo degli anziani del paese.

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Del complesso monastico restano pochi ruderi, consolidati e ripuliti dalla vegetezione. Ancora in loco il portale di ingresso che immetteva nei locali della parte abitativa della grancia.

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Attraverso un arco ribassato...

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... si usciva poi nel piccolo cortile porticato, ripavimentato nell'ultimo restauro. I pilastri costoluti rimasti in loco mostrano che gli spazi porticati erano un tempo coperti da volte a crociera.

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Le stallette al piano terra, ma soprattutto i locali al primo piano sono in buone condizioni, con tanto di finestre (anche se qualche vetro è stato rotto).

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Nascosta tra la vegetazione, la grangia è un piccolo gioiello da riscoprire e valorizzare. Nell'attesa che l'amministrazione del Comune di Roccamorice faccia qualcosa per strapparlo al suo stato di abbandono, vi invitiamo a venire a visitarlo, perché ne vale davvero la pena.

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Siamo a gennaio, la giornata è grigia ma non è fredda...

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... tutt'intorno fiorisce un bel tappeto di pervinche.

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